Le Alpi serbatoio energetico?

Le Alpi sono state considerate per molto anni, e ancora oggi molti lo pensano, un serbatoio energetico da cui attingere per il fabbisogno delle pianure industriali a sud e a nord della catena montuosa.
Soprattutto dopo il secondo conflitto mondiale, con lo sviluppo economico, l'industrializzazione ed il benessere, la domanda di energia è cresciuta in modo esponenziale a tal punto che le multinazionali produttrici di energia elettrica iniziarono a progettare grandi dighe in grado di generare enormi bacini d'acqua per far funzionare centinaia di centrali idroelettriche.
Oggi non si costruiscono più grandi impianti e grandi dighe, tuttavia si guarda a nuove frontiere del capitalismo energetico legato alle fonti rinnovabili come vento, sole e ancora acqua appunto, le uniche ritenute idonee per ridurre le emissioni di sostanze clima-alteranti e fermare il cambiamento climatico ormai in atto soprattutto nell'arco alpino.
Gli effetti ormai sono sotto gli occhi di tutti e costringono a pensare a stili di vita e ad atteggiamenti diversi dal passato in quanto sono necessari adattamenti onde evitare che il cambiamento climatico peggiori la qualità della nostra vita e dell'ambiente in cui viviamo.
Le Alpi indubbiamente sono un area geografica molto sensibile a questi mutamenti rispetto ad altre zone come le pianure ed il territorio è in un delicato equilibrio tra i diversi fattori biotici e abiotici che caratterizzano il paesaggio. Dagli studi condotti in questi anni ci possono essere una serie di effetti importanti e in qualche modo devastanti sul territorio. Un esempio tra tutti è lo scioglimento dei ghiacciai, oppure gli eventi meteorologici intensi, gli eventi siccitosi, frane e smottamenti e dissesto idrogeologico. Osservati speciali  in futuro saranno gli aspetti legati a tre temi principali: energia, trasporti e turismo.

In questo post mi focalizzerò sull'aspetto energia. Le due fonti più usate e discusse di questi anni sono l'acqua, attraverso lo sfruttamento idroelettrico e il vento con l'eolico. Questi impianti si stanno diffondendo in maniera capillare favoriti da sistemi incentivanti che tendono però a sfalsare il reale bisogno e a creare un sovradimensionamento impiantistico influenzato da una crescente speculazione economica.
L'idroelettrico in particolare minaccia le risorse idriche montane sempre più sotto stress dai cambiamenti climatici in corso.
La gestione integrata delle acque è uno dei cardini dello sviluppo sostenibile della regione alpina messa a rischio dai fenomeni quali: siccità, scioglimento dei ghiacciai e quindi riduzione della portata d'acqua superficiale e sotterranea e infine l'innevamento artificiale sempre più diffuso per sopperire alla mancanza di precipitazioni nevose. Ma è proprio il prelievo idrico a scopo energetico più che a scopo industriale e agricolo a rendere necessarie politiche di corretta gestione di questo prezioso bene pubblico.
Le Alpi sono infatti anche il serbatoio d'acqua dolce d' Europa in grado di fornire quantità rilevanti a diversi bacini fluviali, dal Danubio (35%) fino al Po (80%).
Se negli anni 50 e 60 del secolo scorso si costruivano enormi bacini e grandi dighe oggi l'attenzione è rivolta ai piccoli impianti classificati come mini-idroelettrico ad acqua fluente (potenze inferiori a 1000 kW) disseminati lungo il corso dei torrenti e dei fiumi fino ad arrivare a quote medio-alte.
La costruzione di centrali idroelettriche grandi o piccole che siano è associata ad impatti su interi tratti fluviali, pertanto vi è la necessità di ottimizzare gli impianti e costruirli là dove è possibile una ottima resa con minimo impatto ambientale. 
Il problema maggiore è legato alle opere di captazione e di presa che sottraendo acqua al torrente ne riduce la portata complessiva. 



A livello generale si calcola che l'apporto di ulteriori mini impianti da realizzare lungo i torrenti di montagna contribuirebbero soltanto per uno 0,4% del fabbisogno energetico totale nazionale.
A prima vista impianti del genere sono visti di scarso impatto ambientale, tuttavia se sommiamo il contributo di tutte le centinaia di centraline installate e in progetto nei diversi bacini idraulici dei grandi fiumi avremo un impatto di tipo cumulativo non trascurabile.
Se pensiamo che già oggi solamente il 10% circa dei fiumi alpini mantengono la loro naturalità significherebbe che in futuro con lo sviluppo di forme non controllate di installazione di mini-idroelettrico rischieremo di compromettere tutte le acque superficiali montane. 
Un esempio tra tutti è il fiume Piave, fiume sacro alla patria ma intubato e trasformato per almeno il 90% del suo corso. Il restante 10% è minacciato da centinaia di progetti di centraline lungo i torrenti affluenti del grande fiume Bellunese.



Per preservare la risorsa acqua in futuro si dovranno adottare azioni importanti quali:
- normativa severa che regolamenti l'autorizzazione e l'installazione solo dove possibile e non in aree protette;
- un programma di monitoraggio dei fiumi e torrenti per valutare lo stato e la quantità d'acqua fluente prima di eventuali interventi post-operam;
- adottare Piani Generali che valutino l'impatto a livello di bacino imbrifero nel suo insieme e non su singolo sito;
- adottare parametri come il Deflusso Minimo Vitale necessario alla sopravvivenza ittica da valutare caso per caso con metodi empirici e non da letteratura;
- adottare politiche di risparmio ed efficienza energetica che riducano la domanda di energia;
- politiche di governo del territorio che prevedano processi partecipativi a larga scala coinvolgendo la popolazione locale, la quale deve essere giustamente informata e coinvolta nelle decisioni;
- considerare i fiumi come risorsa per uno sviluppo economico e turistico eco-compatibile in alternativa all'aspetto meramente energetico-speculativo.

Perché fiumi e torrenti di montagna sono sinonimo di ambiente, paesaggio, flora, fauna, sport e turismo ed anche laboratorio di educazione ambientale.










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